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La previdenza complementare dei dipendenti pubblici: come funziona

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La previdenza complementare dei dipendenti pubblici offre una possibilità da valutare attentamente per un’ampia fetta di lavoratori. In effetti, in osservanza di determinate regole e con la presentazione di determinati requisiti di base, la previdenza complementare dei dipendenti pubblici è in grado di assicurare prestazioni pensionistiche in più. Quindi, il primo elemento da comprendere è che la previdenza complementare dei dipendenti pubblici non è in alcun nodo sostitutiva dei trattamenti pensionistici obbligatori.

Che cos’è la previdenza complementare dei dipendenti pubblici

Partendo dunque dal presupposto che la previdenza complementare dei dipendenti pubblici rappresenta un servizio aggiuntivo rispetto a quanto disciplinato dagli obblighi di legge in materia pensionistica, iniziamo ad analizzare i criteri base della previdenza complementare dei dipendenti pubblici. E cominciamo dall’individuazione delle differenti modalità attraverso cui i lavoratori che ne fanno richiesta possono ottenere prestazioni derivanti dalla previdenza complementare dei dipendenti pubblici. Dunque le principali peculiarità della previdenza complementare dei dipendenti pubblici sono: la gestione affidata a soggetti ed enti di diritto privato, la capitalizzazione individuale e la contribuzione definita.

Le particolarità della previdenza complementare dei dipendenti pubblici

Per quanto concerne due delle peculiarità della previdenza complementare dei dipendenti pubblici appena elencate, occorre qualche spiegazione: per contribuzione definita, infatti, si intende che il lavoratore versa una quota fissa e la somma finale che riceverà dipenderà direttamente dalle somme versate e la somma degli investimenti. Inoltre per capitalizzazione individuale della previdenza complementare dei dipendenti pubblici si fa riferimento al fatto che le somme versate dal contribuente finiscono su un conto singolo da cui vengono investite (senza dunque investimenti cumulativi).

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