Come fare ricorso contro un avviso di accertamento

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Potrebbe capitare a tutti di vedersi recapitare un avviso di accertamento da parte del fisco per non aver pagato ad esempio tutte le tasse dovute, o il canone rai. In questo caso, oltre naturalmente a pagare, è possibile fare un ricorso in modo tale da far valere presso un giudice le proprie ragioni.

La giurisdizione tributaria è regolata dai D. Lgs 545 e 546 entrambi del 1992. In sostanza gli organi della giurisdizione tributaria sono tre, divisi in gradi. Il primo grado è rappresentato dalle commissioni tributarie provinciali che hanno sede in ogni capoluogo della provincia, mentre il secondo grado ( il cosiddetto appello) è formato dalle commissioni tributarie regionali che hanno sede presso i comuni capoluogo di regione. L’ultimo grado è rappresentato dalla corte di cassazione, dove vi sono apposite sezioni che si pronunciano in materia tributaria.

Per poter notificare il ricorso è obbligatorio conoscere a quale commissione occorre indirizzare le motivazioni ( in genere la commissione competente è indicata nell’atto) e farsi rappresentare da un professionista abilitato. Va detto che non è obbligatorio avere un assistente solo nel caso di liti minori ( sono quelle che hanno valore inferiore ai 2.582 euro o quelle promosse da chi ha già i requisiti per poter prestare assistenza tecnica). Per potere assistere tecnicamente una parte occorrono particolari requisiti. In sostanza hanno competenza generale ( e quindi possono stare in giudizio per tutte le materie) i dottori commercialisti, gli avvocati, i ragionieri e periti commerciali, gli impiegati delle ex carriere dirigenziali, direttive e di concetto collocati a riposo dopo almeno 20 anni di servizio, ed anche gli ufficiali della guardi di finanza dopo 20 anni di servizio. Hanno invece competenza limitata ( quindi solo per alcune materie i periti agronomi, gli architetti, i laureati in giurisprudenza o economia e commercio, periti edili, ecc.).

Modalità del ricorso– Il ricorso può essere presentato sia per un avviso di accertamento ma anche per una cartella di pagamento inviata da Equitalia. Deve essere obbligatoriamente redatto su carta bollata ed occorre indicare oltre alla commissione  tributaria a cui è diretto anche gli estremi dell’atto impugnato, i motivi del ricorso ed inserire la firma.  E’ possibile anche chiedere la sospensione degli effetti dell’atto, e questa verrà accordata dai giudici se opportunamente motivata.

Per potere correttamente stare in giudizio la parte deve provvedere alla notifica del ricorso anche all’ente che ha emesso l’atto. Questo può essere fatto o presentando direttamente il ricorso in originale alla controparte, oppure spedendo il ricorso originale a mezzo plico senza busta con raccomandata con avviso di ricevimento. Ultima possibilità è quella di notificare il ricorso a mezzo di ufficiale giudiziario.

Il ricorso deve essere proposto alla controparte entro un massimo di 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnato ( salva la sospensione feriale della durata di 46 giorni che va dal 1 agosto al 15 settembre).

Dopo la proposizione del ricorso occorre che il ricorrente si costituisca in giudizio. In sostanza il ricorrente entro 30 giorni dalla proposizione del ricorso deve depositare in cancelleria un plico contenete la copia del ricorso , l’originale o copia dell’atto impugnato, altri documenti utili al processo.  Successivamente la segreteria comunica alle parti la data dell’udienza e le parti potranno depositare documenti utili alle varie fasi del processo sino a 20 giorni prima della data fissata per l’udienza. Normalmente la trattazione avviene in camera di consiglio ma è possibile anche richiedere l’udienza pubblica, con apposita istanza documentata.

E’ possibile fare appello una volta emanata la sentenza presso la competente commissione regionale ( si hanno 1 anno e 46 giorni la sentenza non è stata notificata e 60 giorni se è avvenuta la notifica).

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