Credito d’impresa. Il credito d’imposta funziona?

Siamo tra i paesi con il più alto grado di utilizzo della leva fiscale sulle imprese e sulle famiglie. Se da una parte si è sempre affermato che l’eccessiva incidenza del fisco è la vera “morsa allo sviluppo”, dall’altra è pur da constatare che l’unico margine d’intervento totalmente discrezionale, nei termini della politica economica, riguardi proprio la politica fiscale. Le aziende sono col “fiato” sul collo e hanno bisogno di credito.

Tra vincoli di bilancio e credito per le imprese

Allora, sovviene l’eterno enigma. Come fare ad assicurare lo sviluppo e la ripresa per l’Italia, in pieno rispetto dei programmi comunitari, e senza che vi sia bisogno di andare sempre alla ricerca di quei piccoli esemplari viventi di imprese italiane internazionalizzate e di successo per continuare a dirci: “Ecco, vedete che anche l’Italia funziona?”. Gli occhi devono essere puntati sul sistema paese tutto, e non solo su chi ha avuto successo. E’ chiaro che non tutti possono avere successo ma dobbiamo creare le basi affinché tutti abbiano le premesse per raggiungerlo.

Il principale motore dello sviluppo del sistema delle imprese è il credito d’impresa. Ma l’utilizzo di fondi pubblici per finanziare progetti di sviluppo imprenditoriale deve rispettare vincoli tangibili di bilancio e non si possono sbloccare delle “entrate” di scopo che sono da utilizzare per programmi di sviluppo comunitari prevedenti una stima precisa e previsionale di ciò che entrerà allo Stato, in corrispondenza dell’impegno di bilancio.

Quindi, qual è l’alternativa fattibile, nei crismi della legge? Il credito d’imposta. Anche però tale meccanismo deve trovare idonea copertura di bilancio, e forse era meglio trovarla battendo “altre vie”. Ci chiediamo, comunque, se possa funzionare. Prendiamo ad esempio il Pacchetto Crescita (Decreto n.91/2014) che introduce, appunto, il credito d’imposta.

Credito d’imposta: il pacchetto crescita

Si è pensato di aiutare le imprese già avviate che abbiano mediamente manifestato una pregressa propensione ad investire in beni strumentali.

Quindi, poco peso si dà agli investimenti strumentali, di natura straordinaria, se non per le eccedenze. Viene un po’ fatta la crono-storia di quell’impresa. Quanto mediamente ha speso in beni strumentali negli ultimi 5 anni? Ciò non convince alquanto, in quanto è come se si volesse dare un “contentino” ai grandi stabilimenti in affanno. Ma questo è solo un punto di vista.

Giusto per mettersi al riparo da critiche, si ammette anche il finanziamento, sotto forma di credito d’imposta, per le imprese che abbiano meno di 5 anni di attività. In questo caso, è sufficiente per calcolare la media d’investimento, il periodo d’imposta precedente, salvo che le suddette imprese non siano state costituite successivamente all’entrata in vigore del decreto. Allora, vale ogni periodo d’imposta precedente.

Quindi, avete capito bene? E’ un aiuto, in termini di minore introito fiscale, ma agganciato a quanto mediamente già si è speso in beni strumentali nei periodi d’imposta precedenti.

Verrà calcolato nella misura del 15% non sull’intera spesa, ma sull’eccedenza rispetto al computo medio, e molto dipende da cosa incide sulla media per far abbassare la somma perché sono le eccedenze, rispetto alla media, quelle che conteranno. Un gioco da “fattucchieri”, questa volta al ribasso, senz’altro più semplice.

Il credito d’imposta viene direttamente compensato a quanto dovuto (detrazione Vs deduzione) e non concorre alla base imponibile. Non può essere utilizzato tutto in una sola volta ma deve essere ripartito per tre anni.

E per evitare il passaggio “di comodo” o fittizio di beni strumentali, al fine di accedere al beneficio fiscale si vincola l’impresa a non trasferire/non vendere entro il periodo d’imposta successivo i beni strumentali acquistati.

E’ plateale che tale forma di credito d’imposta (pacchetto crescita) è destinata solo a quegli stabilimenti che muovono veramente grandi somme. E poi si va alla Stanford per parlare di come l’Italia si apra al resto del mondo, incentivi l’innovazione e come alcuni italiani hanno avuto successo nel resto del mondo. E’ chiaro che di “miracoli” non ce li aspettiamo più!

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